Dott.ssa Erika Nicosia

Dott.ssa Erika Nicosia
Psicoterapeuta
La Dottoressa Erika Nicosia esercita la professione di Psicologa dal 2008 e di Psicoterapeuta dal 2014
I Principali approcci Psicoterapici che troverete presso il Centro sono:
I Principali approcci Psicoterapici che troverete presso il Centro sono:
Psicoterapia Sistemico-Relazionale
La psicoterapia sistemico relazionale o terapia familiare indaga le caratteristiche strutturali e le regole della famiglia nel suo complesso.
Il sistema (dal greco stare insieme), secondo la teoria sistemica:
Il sistema (dal greco stare insieme), secondo la teoria sistemica:
- È un’unità intera e unica;
- È composto da parti in relazione tra loro e tendenti all’equilibrio;
- Nel sistema l’intero risulta diverso dalla semplice somma delle parti;
- Nel sistema qualsiasi cambiamento in una sua parte influenza l’intero sistema nel suo insieme;
- Ogni elemento di un sistema è in relazione con gli altri elementi, e ha una ragione d’essere per la specifica funzione che svolge;
- Comportamenti, ruoli e funzioni diverse concorrono a generare la Proprietà Emergente del sistema, che è una caratteristica superiore alla somma delle funzioni;
- Gli attributi fondamentali di un sistema sono: comunicazione ed elaborazione dell’informazione, adattamento al cambiamento (auto-regolazione), auto-organizzazione e auto mantenimento;
Bateson, uno dei principali esponenti della terapia familiare, parla di scismogenesi per descrivere cicli di rinforzo reciproco tra i membri di un sistema sociale/familiare, questi possono essere simmetrici o complementari: le escalation complementari non raggiungeranno mai il punto di rottura se c’è sufficiente dipendenza reciproca tra due individui, mentre le escalation simmetriche possono essere funzionali a un accomodamento sugli interessi di ambedue le parti.
Inoltre un processo complementare può contrastarne un altro, come ad esempio lo sviluppo di una sintomatologia (depressione o malattie psicosomatiche) in uno dei coniugi può servire a fermare un’ escalation di potere che sia andata troppo oltre mettendo in pericolo l’integrità del sistema (i coniugi potrebbero separarsi ad esempio).
Allo stesso modo una dose di comportamento simmetrico in una relazione complementare può arrestare un’ escalation che va verso una differenziazione progressiva, minacciando la rottura della relazione. Don Jackson elabora il concetto di omeostasi familiare, osservando che nelle famiglie con un paziente psichiatrico quando questo migliorava le proprie condizioni di salute, altri componenti della famiglia cominciavano a manifestare sintomi (depressioni, attacchi psicosomatici), per cui postulò che tali comportamenti (e persino la stessa malattia) costituivano meccanismi omeostatici che si innescavano per restituire al sistema “disturbato” il suo, seppur precario, equilibrio.
Il Gruppo di Palo Alto studiando la comunicazione in famiglie con individui schizofrenici formulò il costrutto teorico di doppio legame per spiegare la modalità interattiva di queste famiglie.
Tipica della modalità interattiva del doppio legame è la contraddittorietà tra il messaggio esplicito e messaggio implicito e l’impossibilità di meta comunicare su questa incongruenza; l’effetto per chi riceve il messaggio è che ogni risposta risulta essere quella sbagliata, così che c’ è sempre una penalità per il fatto di avere ragione. Ecco che la comunicazione dello schizofrenico caratterizzata dall’incapacità di distinguere tra linguaggio letterale e metaforico, sarebbe una forma di adattamento a questa comunicazione patologica.
Nel complesso emerge l’importanza che le ipotesi sistemiche debbano essere perlomeno triadiche e mettere in luce come un figlio reagisce alla relazione tra le sue più importanti figure di attaccamento.
Inoltre un processo complementare può contrastarne un altro, come ad esempio lo sviluppo di una sintomatologia (depressione o malattie psicosomatiche) in uno dei coniugi può servire a fermare un’ escalation di potere che sia andata troppo oltre mettendo in pericolo l’integrità del sistema (i coniugi potrebbero separarsi ad esempio).
Allo stesso modo una dose di comportamento simmetrico in una relazione complementare può arrestare un’ escalation che va verso una differenziazione progressiva, minacciando la rottura della relazione. Don Jackson elabora il concetto di omeostasi familiare, osservando che nelle famiglie con un paziente psichiatrico quando questo migliorava le proprie condizioni di salute, altri componenti della famiglia cominciavano a manifestare sintomi (depressioni, attacchi psicosomatici), per cui postulò che tali comportamenti (e persino la stessa malattia) costituivano meccanismi omeostatici che si innescavano per restituire al sistema “disturbato” il suo, seppur precario, equilibrio.
Il Gruppo di Palo Alto studiando la comunicazione in famiglie con individui schizofrenici formulò il costrutto teorico di doppio legame per spiegare la modalità interattiva di queste famiglie.
Tipica della modalità interattiva del doppio legame è la contraddittorietà tra il messaggio esplicito e messaggio implicito e l’impossibilità di meta comunicare su questa incongruenza; l’effetto per chi riceve il messaggio è che ogni risposta risulta essere quella sbagliata, così che c’ è sempre una penalità per il fatto di avere ragione. Ecco che la comunicazione dello schizofrenico caratterizzata dall’incapacità di distinguere tra linguaggio letterale e metaforico, sarebbe una forma di adattamento a questa comunicazione patologica.
Nel complesso emerge l’importanza che le ipotesi sistemiche debbano essere perlomeno triadiche e mettere in luce come un figlio reagisce alla relazione tra le sue più importanti figure di attaccamento.
La psicoterapia cognitivo comportamentale
Ansia, depressione, rabbia, colpa, vergogna, sono emozioni che proviamo quotidianamente. Quando le emozioni sono troppo intense o durature rispetto alla situazione nella quale ci troviamo, possiamo considerare l’eventualità di avere un problema emotivo e quindi di aver bisogno di una valida psicoterapia cognitivo comportamentale.
Per esempio, se una discussione con qualcuno ci fa star male per alcuni giorni, se piccoli difetti nelle cose che facciamo ci fanno sentire delle nullità, se compiere attività quotidiane, come fare la spesa o parlare con i colleghi di lavoro, genera un’ansia intollerabile, siamo probabilmente di fronte ad un disagio psicologico che può richiedere un intervento professionale di tipo Cognitivo Comportamentale.
La terapia cognitiva e comportamentale una disciplina scientificamente fondata, la cui validità è suffragata da centinaia di studi, principalmente, ma non solo, per la diagnosi e la cura in tempi brevi di molti disturbi psicologici:
Per esempio, se una discussione con qualcuno ci fa star male per alcuni giorni, se piccoli difetti nelle cose che facciamo ci fanno sentire delle nullità, se compiere attività quotidiane, come fare la spesa o parlare con i colleghi di lavoro, genera un’ansia intollerabile, siamo probabilmente di fronte ad un disagio psicologico che può richiedere un intervento professionale di tipo Cognitivo Comportamentale.
La terapia cognitiva e comportamentale una disciplina scientificamente fondata, la cui validità è suffragata da centinaia di studi, principalmente, ma non solo, per la diagnosi e la cura in tempi brevi di molti disturbi psicologici:
- Depressione e disturbo bipolare;
- Ansia, fobie, attacchi di panico e ipocondria;
- Ossessioni e compulsioni;
- Ansia o preoccupazione generalizzate;
- Disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, etc.);
- Stress, disturbi psicosomatici e cefalee;
- Disfunzioni sessuali (eiaculazione precoce, anorgasmia, etc.);
- Abuso e dipendenza da sostanze (alcool, droghe, etc.);
- Disturbi della personalità;
- Insonnia e altri disturbi del sonno;
- Difficoltà a stabilire e mantenere relazioni sociali e comportamento impulsivo;
- Problemi di coppia;
- Difficoltà nella scuola o nel lavoro;
- Bassa autostima;
Le componenti della psicoterapia cognitivo comportamentale
Essa, come suggerisce il termine, combina due forme di terapia estremamente efficaci:
La terapia comportamentale. Essa aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona ha in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione. Aiuta inoltre a rilassare mente e corpo, così da sentirsi meglio e poter riflettere e prendere decisioni in maniera più lucida.
La terapia cognitiva. Essa aiuta ad individuare certi pensieri ricorrenti, certi schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle forti e persistenti emozioni negative che vengono percepite come sintomi e ne sono la causa, a correggerli, ad arricchirli, ad integrarli con altri pensieri più oggettivi, o comunque più funzionali al benessere della persona. Quando sono combinate nella psicoterapia cognitivo comportamentale, queste due forme di trattamento diventano un potente strumento per risolvere in tempi brevi forti disagi psicologici.
La terapia comportamentale. Essa aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona ha in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione. Aiuta inoltre a rilassare mente e corpo, così da sentirsi meglio e poter riflettere e prendere decisioni in maniera più lucida.
La terapia cognitiva. Essa aiuta ad individuare certi pensieri ricorrenti, certi schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle forti e persistenti emozioni negative che vengono percepite come sintomi e ne sono la causa, a correggerli, ad arricchirli, ad integrarli con altri pensieri più oggettivi, o comunque più funzionali al benessere della persona. Quando sono combinate nella psicoterapia cognitivo comportamentale, queste due forme di trattamento diventano un potente strumento per risolvere in tempi brevi forti disagi psicologici.
Caratteristiche della psicoterapia cognitivo comportamentale
La terapia cognitivo-comportamentale (PCC) è:
Pratica e concreta
Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e cosi via.
Centrata sul “qui ed ora”
Il ricordo del passato, come il racconto dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto difficilmente possono aiutare a risolverli.
La psicoterapia cognitiva e comportamentale quindi non utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause.
Essa è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come ci è entrato.
A breve termine
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è a breve termine, ogni qualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi, valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito.
La durata della terapia varia di solito dai sei ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.
Orientata allo scopo
La psicoterapia comportamentale e cognitiva è più orientata ad uno scopo rispetto a molti altri tipi di trattamento.
Il terapeuta cognitivo-comportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli obbiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi sono stati raggiunti.
Attiva
Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia cognitivo comportamentale.
Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei suoi problemi e delle possibili soluzioni ad essi. Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta volta.
In terapia comportamentale e cognitiva il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei problemi del paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta “psico-educativo”. Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e come dovrebbe pensare; anch’egli, anzi, è stimolato ad essere più attivo possibile, un terapeuta di sé stesso, sotto la guida del professionista.
Collaborativa
Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei propri problemi. La psicoterapia cognitivo comportamentale è infatti una psicoterapia breve basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta.
Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di aver trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero disfunzionali e le relative reazioni emotive e comportamentali che sono causa di sofferenza.
Scientificamente fondata
È stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico. E’ stato dimostrato che la psicoterapia cognitivo comportamentale è efficace almeno quanto gli psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ma assai più utile nel prevenire le ricadute.
Pratica e concreta
Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e cosi via.
Centrata sul “qui ed ora”
Il ricordo del passato, come il racconto dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto difficilmente possono aiutare a risolverli.
La psicoterapia cognitiva e comportamentale quindi non utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause.
Essa è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come ci è entrato.
A breve termine
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è a breve termine, ogni qualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi, valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito.
La durata della terapia varia di solito dai sei ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.
Orientata allo scopo
La psicoterapia comportamentale e cognitiva è più orientata ad uno scopo rispetto a molti altri tipi di trattamento.
Il terapeuta cognitivo-comportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli obbiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi sono stati raggiunti.
Attiva
Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia cognitivo comportamentale.
Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei suoi problemi e delle possibili soluzioni ad essi. Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta volta.
In terapia comportamentale e cognitiva il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei problemi del paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta “psico-educativo”. Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e come dovrebbe pensare; anch’egli, anzi, è stimolato ad essere più attivo possibile, un terapeuta di sé stesso, sotto la guida del professionista.
Collaborativa
Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei propri problemi. La psicoterapia cognitivo comportamentale è infatti una psicoterapia breve basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta.
Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di aver trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero disfunzionali e le relative reazioni emotive e comportamentali che sono causa di sofferenza.
Scientificamente fondata
È stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico. E’ stato dimostrato che la psicoterapia cognitivo comportamentale è efficace almeno quanto gli psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ma assai più utile nel prevenire le ricadute.
EMDR
L’approccio EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, è un approccio estremamente nuovo, risale infatti alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Si tratta di una tipologia di intervento che aiuta il paziente rielaborare una volta per tutte il proprio trauma attraverso due passaggi: la desensibilizzazione e la rielaborazione per mezzo dei movimenti oculari. In estrema sintesi, la terapia EMDR gestisce i ricordi traumatici come fossero delle ferite che non hanno ancora avuto modo di cicatrizzarsi, arrestando di fatto il processo di guarigione.
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